Memoria di memorie

>>Eravamo ragazzi, >>Giulio Levi, >>Sonia M.L. Possentini, Cosa succede
Ancora una volta l’arrivo del 27 gennaio, il Giorno della memoria, spezza il nostro anno agli inizi e ci costringe a rallentare, a ricordare.
In questi giorni, molte sono le azioni di chi, più o meno direttamente, seguendo il ricordo della Shoah, divergono dal solito trantran: la visione di un film particolare, la lettura, il convegno, l’incontro col tal autore, il concerto in memoria, la riflessione scolastica dei figli…
Eppure tutto sembra non essere mai abbastanza, non ancora per lo meno e nonostante il lavoro fatto o, peggio, talora drammaticamente minato alla sua base da posizioni revisioniste, dalla lontananza storica che si fa sempre maggiore, dalla perdita di tanti testimoni, da una società dedita all’effimero e, ora, sempre più drammaticamente obnubilata dal dramma della crisi e dall’incapacità di sostenere e capire il passato quale investimento per un futuro migliore.Resta comunque prezioso questo momento dell’anno, al di là della polemica, di tanto in tanto ripresa, riguardo all’eccessivo fervore della commemorazione in un solo giorno a fronte della necessità di un ragionamento che andrebbe dilatato e al di fuori delle logiche che intravedono attitudini presenzialiste e di pura formalità, sottolineando il rischio di imbalsamare un tema fondante della nostra storia recente in un format invece che in un reale luogo di riflessione.
Altro è, e poco ci interessa, la seconda grande polemica legata a questa data, polemica completamente deviata e totalmente di natura ideologica, che sempre vuole un contraltare fazioso e orientato sul ricordo di chi soccombe e di chi è riconosciuto carnefice e scarta completamente il reale ricordo compassionevole di una serie di diverse umanità destinate, per legge, alla morte.

Di tutti i modi in cui sia possibile ricordare, quindi, quello del racconto è il preferito per una casa editrice e quando la voce è quella di un testimone diretto, come  Giulio Levi, la Storia si fa vicina e riesce a catturare.
Giulio Levi ha scritto per Fatatrac la sua storia, la storia della su famiglia di origine ebrea in 1940-1945: Gioele, fuga per tornare e, per completare l’opera, ha voluto donare ai suoi lettori il senso della Storia, scrivendo anche il proseguo di questo libro in Eravamo ragazzi. Qui racconta la ricostruzione di una nazione nell’immediato dopoguerra in cui i sogni di un adolescente (sempre lui, protagonista) tanto si possono intrecciare a quelli dei suoi coetanei contemporanei da riuscire catapultare il suo giovane pubblico, per pura immedesimazione, nell’Italia di quegli anni.
Da tempo Giulio incontra ragazzi per parlare proprio dei sui libri (una produzione ampia e varia per i tipi di molti editori italiani), ma, in questo periodo, corre l’obbligo di chiedere un suo contributo in qualità di divulgatore-testimone di Memoria della Shoah a partire dall’esperienza fatta nelle classi in cui è stato.

Giulio, il Giorno della Memoria si avvicina e tu, come tutti gli anni, in qualità di autore e di testimone di alcuni dei fatti più bui della Seconda Guerra Mondiale, sei impegnatissimo a incontrare alunni in varie scuole per raccontare la tua storia, la tua esperienza. Ti dà un’emozione particolare ripercorrere la tua vita ogni volta che la racconti?
 
Dipende molto dal rapporto che si stabilisce con i ragazzi e dal tipo di accoglienza. Tutto questo ha a che vedere con quanta partecipazione c’è stata da parte degli insegnanti durante la preparazione allincontro. Ad esempio, quando, come è successo, sono stato accolto da 200 ragazzi che insieme alle insegnanti hanno cantato per intero Auschwitz di Guccini lemozione è stata grande. Comunque direi che mi commuovo di più quando, come mi succede spesso negli ultimi anni, rivivo le cose che a quel tempo non sapevo.
 
Priverrno 2014, 200 bambini seguono la presentazione di GIOLE, FUGA PER TORNARE
al Teatro Comunale
 
Quando hai pensato che fosse giusto mettere su carta la tua vicenda? E cosa ti ha spinto a farlo?
 
Ero giàgrande, circa 9-10 anni or sono. E l’ho fatto da un lato per lasciare una testimonianza “di famiglia” ai miei figli e ai miei nipoti, dall’altro per far capire ai tanti ragazzi lettori incontrati nelle scuole come può aver vissuto una tranquilla famiglia qualsiasi una inattesa e immotivata persecuzione imposta da una legge dello stato, messa in atto non solo dai nazisti cattivi ma anche da troppi italiani conniventi.
Ovviamente la tua posizione è quella di chi ritiene giusto perpetrare la Memoria. I tuoi libri si rivolgono soprattutto ai bambini della Scuola Primaria, ma come saprai da alcuni anni i programmi scolastici di storia si fermano alla caduta dell’Impero romano. Cosa ne pensi? Hai notato un cambiamento nell’interesse e nella curiosità dei bambini verso i fatti della Seconda guerra mondiale?
 
Per fortuna esistono insegnanti anche giovani che si sono tacitamente ribellate/i a questi programmi scolastici che lasciano i nostri ragazzi ignoranti fino a 13-14 anni della nostra storia recente; e con la scusa del 27 gennaio, giorno della memoria, si sono soffermate/i sulla II guerra mondiale ed eventi correlati, e magari hanno letto o fatto leggere in proposito. Molte volte i ragazzi hanno lavorato, prodotto pensieri, poesie, DVD sull’argomento. Se non c’è stata questa preparazione l’incontro con l’autore èmolto più difficile, sia per l’autore che per i ragazzi.
Cosa incuriosisce di più i bambini che incontri? Ce lo potresti raccontare?
 
I bambini cercano di immedesimarsi nei personaggi, e in questo caso in me bambino che ha vissuto quel periodo. Quindi molte domande sono di carattere personale tipo: Cosa hai provato quando sei stato separato dai genitori, quando hai saputo dei tuoi nonni ecc.? Con cosa giocavi nei campi per profughi?
 
Giulio Levi bambino e una lettera scritta ai genitori.
Quale commento o domanda fatta dai bambini ti ha colpito di più?
 
In genere i commenti sono simili, di volta in volta. Avrei dovuto prendere nota di quelli piùacuti o più difficili a soddisfare con una breve risposta, ma purtroppo non l’ho fatto. Una o piùvolte mi è stato chiesto perché ci sono state le leggi razziali, perché se la sono presa con gli ebrei, perché gli ebrei non si sono ribellati?
C’è qualcosa, un dettaglio, un racconto, un episodio, che non sia finito in tuo testo, fino ad ora, che ti piacerebbe riportare?
 
Non poteva finirci tutto, altre cose sono venute fuori solo recentemente leggendo la corrispondenza di quel periodo di vari membri della famiglia, corrispondenza che la mia mamma, deceduta di recente, aveva gelosamente conservato. Forse in un prossimo libro, questa volta per adulti, se un editore saràinteressato.
Farai degli incontri anche quest’anno per il Giorno della memoria?
 
Un paio, direi. Ma con questa dannata crisi le scuole invitano meno, si comprano meno libri, le biblioteche e le librerie chiudono. Tralascio altri commenti.
Tra tutta la produzione letteraria che parla della Shoah, compresa quella per adulti, qual è il libro che ti ha colpito e di più e che porti nel cuore? Perché?

 
A partire dai libri di Primo Levi, vari altri libri che hanno riguardato la vita e la morte nei campi di concentramento e di sterminio mi hanno colpito nel profondo. Perché? Forse perché non posso non pensare che lì c’erano i miei nonni, i miei zii…E li leggo soffrendo e pensando che sia mio dovere sapere.
 
 
Sempre per Fatatrac, sul tema della Shoah può essere interessante visitare anche questo link per conoscere un altro prezioso titolo del catalogo: IL VOLO DI SARA.