FIABA… INTERVISTA A MILENA BERNARDI

Cosa succede
Nel  2012 si è festeggiato attraverso diverse iniziative il bicentenario della prima edizione della raccolta Kinder- und Hausmärchen dei fratelli Grimm. Anche Fatatrac ha ricordato questa ricorrenza rieditando alcune fiabe della collana Le Carteintavola come Biancaneve e i sette nani, Cappuccetto Rosso, I musicanti di Brema, Il lupo e i sette capretti, La principessa sul pisello, Hansel e Gretel, Il gatto con gli stivali, Raperonzolo e I tre porcellini.
Biancaneve e i sette nani
FATATRAC
Hansel e Gretel
FATATRAC

Per parlare di fiaba abbiamo voluto intervistare Milena Bernardi, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna. Milena è una specialista di Letteratura per l’infanzia e di Pedagogia della narrazione, studia la complessità della letteratura per l’infanzia e in particolare è una vera esperta di fiaba. Tra i suoi saggi ricordiamo: Infanzia e Fiaba (Bononia University Press 2007), Infanzia e metafore letterarie. Orfanezza e diversità nella circolarità dell’immaginario (Bononia University Press 2009), Il cassetto segreto. Letteratura per l’infanzia e romanzo di formazione (Unicopli 2011).

Milena Bernardi

Buongiorno Milena, una domanda per rompere il ghiaccio… Cos’è il Kinder-und Hausmarchen e perché  se ne è ricordato l’uscita?

Stiamo citando un volume-evento, un vero momento fondamentale per la storia della fiaba orale adattata e riscritta in versione evidentemente cartacea dai saggi e colti fratelli Grimm. Come non riferirsi ad un’opera tanto complessa da molti punti di vista – filologico, letterario, antropologico, narratologico…- con dignitoso rispetto? Si tratta di un grande classico della storia della cultura che traccia un collegamento imprescindibile tra oralità e scrittura, mettendo in contatto il basso e l’alto, la forza flussionale dell’oralità e la forza conservativa della pagina scritta.
La raccolta dei fratelli Grimm rappresenta un evento di straordinaria importanza anche simbolicamente parlando, oltre che concretamente, per la storia dell’editoria che accoglie la fiaba, per la storia della fiaba e per la letteratura per l’infanzia.

Che caratteristiche hanno le trascrizioni di fiabe dei fratelli Grimm rispetto a quelle di Perrault e di altre versioni precedenti?
Le differenze sono tante e significative. Di “stile”, se mi si concede l’uso di questo termine così specifico, complesso e spesso ambiguo, ovvero di quel certo clima linguistico-culturale che caratterizza la mitopoietica dei Grimm. La cultura germanica del romanticismo si distanzia dall’atmosfera della Francia regale di Perrault; le motivazioni culturali, politiche, morali e etiche dei Grimm, nascevano da spinte epocali ben differenti da quelle della corte e dei cortigiani (anche colti come Perrault) della Francia dei salotti. Le differenze quindi si situano a più livelli: di epoca storica e di motivazione a compilare le raccolte di fiabe; di cultura di provenienza; di finalità mondana e /o legata a scelte culturali ideali; di retroterra e formazione degli stessi adattatori-trascrittori; e, pertanto, queste tante diversità, ricadono sui testi, sulla scelte delle fiabe, sul linguaggio, sulle censure…sulla diffusione e sulla popolarità delle rispettive raccolte.

Kinder-und Hausmarchen dei fratelli Grimm

La fiaba oggi è considerata un genere rivolto all’infanzia, è sempre stato così?
No, la fiaba nasce dall’humus del “popolo” ed è una narrazione rivolta a tutti senza distinzione di età e, in molti contesti, nemmeno di ceto. La fiaba ha una appartenenza ancestrale, primordiale e si annovera nella tradizione epica che avvolge e nutre tutti. Arriverà all’infanzia con le mutazioni della cultura letteraria e pedagogica del ‘700, in un certo senso lasciata in eredità all’infanzia dal mondo adulto (popolo e infanzia abitano territori emarginati dalla cultura egemone e dominante) come un patrimonio “primitivo” ma, nel contempo, da conservare gelosamente.

Chi erano un tempo i narratori di fiabe e in che occasioni venivano raccontate?
A questa grande domanda bisogna rispondere risvegliando la voce dei narratori orali. Coloro che sbarcavano il lunario narrando fiabe, storie, leggende, riportando fatti ed eventi, mescolando nel flusso continuo della comunicazione orale i continui rimandi che mettevano in contatto realtà, immaginazione, creazione di fantasie e, quindi, storie. Storie che, anche nella forma della fiaba orale stringata, veloce, proverbiale, persino rimata, intervallata da filastrocche e raccontata con formule fedeli ai dialetti, agli idiomi specifici delle contrade, dei paesi, fino ai casolari più isolati, arrivavano così a tutti. I narratori orali vivevano di pochissimo e solitamente erano gli ultimi della società. Uomini ma, in certe zone dell’Europa orientale, anche donne, non sono da immaginarsi soltanto come le figure dei saggi anziani capostipiti familiari di ampie famiglie contadine, no, non solo loro, bensì, anche poveracci, attori di strada, raccontatori di fiabe che campavano da “senzatetto” e percepivano il magro e frugale compenso di un tetto per la notte o un piatto di zuppa. Narratori orali e fiabe: personaggi e storie di zone marginali.

Italo Calvino

Quale ingrediente misterioso è nascosto nelle fiabe? Perché vengono lette e rilette a distanza di secoli?
Ben più di un ingrediente. Mario Lavagetto scrive che la fiaba è un mezzo magico in sé. Poiché crea la cornice di stacco, d’evasione necessaria a volar via con il pensiero e prendersi una pausa “magica” che, da parte mia, mi piace chiamare quasi un viaggio minimale ma improvviso verso l’altrove di tutti i possibili. La fiaba è una storia che raccoglie i destini umani, – Calvino – e in tal modo poi consente un risarcimento, un certo dispositivo di liberazione dal giogo del destino avverso si mette in moto quando l’eroe trionfa. Ma non solo. La fiaba è parente stretta del sogno, dell’onirico, del pensiero che anela di nutrirsi all’illusione per sopportare le ripetute delusioni proveniente dalla realtà. Dunque è una matrice feconda di tutte le storie e illude deludendo, ossia allena a sopportare la vita. Perché delude? Perché poi c’è un finale, che sia lieto o no, è una fine. E da lì si ricomincia. Può sempre ricominciare. Proponendo di nuovo la trama propiziatoria e spaventosa di un rito di iniziazione trasposto in racconto. Perché questo sono la fiabe. Viaggi primordiali nel mondo dell’aldilà…ma questa è un’altra storia…

Milena Bernardi
Infanzia e Fiaba
Bononia University Press
   

Cos’è esattamente “l’altrove” di cui lei parla nel suo Infanzia e Fiaba?

“Esattamente” è un avverbio che non si addice all’altrove. Proviamo a delineare l’altrove come una dimensione metaforica che contiene e insieme contribuisce a costruire (co-costruire) l’immaginario. Una dimensione in cui il simbolico – condensato essenziale della più ampia “metafora” abita e prolifica.
L’altrove della fiaba popolare, ad esempio, si espande ben oltre il qui della realtà. Si dilata, come dicevo, fin oltre il limite del visibile, del plausibile, del concepibile. Diviene, nel senso del divenire, oltre il tempo del qui. E infatti la fiaba è atemporale. Nell’atemporalità e con la dimensione tempo-spazio atemporospaziale di arriva all’altrove estremo che è il mondo  – metamondo – dei morti. In tal modo giungiamo all’altrove estremo dell’aldilà. Quello che risulta sconosciuto per eccellenza. Le rappresentazioni dell’altrove, dunque, richiederebbero un esame più ampio, ma tutti sappiamo che è indispensabile al genere umano ricorrere alla dimensione dell’altrove per mettere in scena rappresentazioni dei grandi temi della vita. Appunto con la metafora e con l’arte. Di cui la fiaba fa parte.


Chi scrive o racconta fiabe ai nostri giorni? Ne esistono di nuove?

Questa è una domanda cui cerco di rispondere molto succintamente. La narrazione orale di fiabe ha subito nel tempo numerose forme di attacco e rifiuto. Me ne sono a lungo occupata in una ricerca che testimonia come l’atto del narrare non sia più abituale. Dobbiamo dunque capire bene cosa si intende per “fiaba”, per “narrare”, e per “scrivere fiabe”. Quest’ultima è una faccenda enigmatica. A mio parere è rarissimo incontrare una storia che sia una fiaba al di fuori della grande tradizione della fiaba popolare e della fiaba letteraria classica. Ma ci sono le eccezioni…penso ad alcuni novelle di Calvino, ad esempio… Suggerirei di non banalizzare mai la definizione di FIABA attribuendola a storie che non contengono affatto i carisma e la potenza metaforica e narrativa di una fiaba. Suggerirei di non fare di ogni erba un fascio, chiamando fiabe tante piccole storie che di fiabesco, nel senso della complessità del genere, non possiedono nulla.

Cenerentola
FATATRAC

Qual è la fiaba più diffusa nel mondo? Perché secondo lei?
Si può supporre che sia Cenerentola. Seguita da Cappuccetto Rosso. I perché sono innumerevoli. Per ragioni legate ai sistemi di diffusione. Per i temi ancestrali che trattano, per le riscritture e le mutazioni…solo un esempio: Cenerentola è composta da tante versioni nel mondo che contarle tutte richiede moltissimo tempo…ma, è, in linea di principio una fiaba funeraria che rimanda a riti antichi – la cenere, le cremazioni, il fuoco…- e, poi, è una fiaba che racconta di una fanciulla avvicinabile alle grande donne fatate di cui parla Carlo Ginzburg in “Storia Notturna”, e, come si vede, è una storia complessa, che affonda le proprie radici nelle viscere della terra e delle domande iniziali e finali degli umani… da qui in poi potremmo proseguire a lungo…

I tre fratelli di Il Gatto con gli stivali
FATATRAC

Perché in tante fiabe è sempre l’ultimo dei tre figli quello che riesce là dove falliscono i primi due?
Forse perché l’ultimo dei figli è il più piccolo? E i più piccoli, solitamente i bambini, sono i più svantaggiati e bistrattati? E nella fiaba si va a risarcire gli ultimi? E si pensa che le fiabe siano soventi trasposizioni del punto di vista infantile e quindi di chi è più svantaggiato, piccolo, indifeso, vulnerabile…

Quando e come ha cominciato a interessarsi al mondo della fiaba?

Ma, si perde nella notte dei tempi. Direi che avevo in mente fiabe fin dall’infanzia ma, dal punto di vista dello studio e della narrazione di fiabe, potrei collocare l’avvio delle mie ricerche negli anni dell’Università, quando l’incontro con il prof. Faeti ha segnato definitivamente le mie direzioni di studio.

Se dovesse vivere in una fiaba in quale vorrebbe esistere e nei panni di quale personaggio?

Sono tante, almeno tutte quelle che ho narrato e ancora di più. È che in ogni fiaba ci sono più personaggi che si prestano per prendere sulle proprie spalle pezzettini di noi e portarli in viaggio.

ORTI E ORSI… L’INTERVISTA

Cosa succede
7 Febbraio 2013 Argomento: Cultura e pedagogia, autore: Redazione Giunti Scuola
Due titoli Fatatrac, alla scoperta dell’identità e per crescere vedendo crescere.
Orto in fiore: dal catalogo Fatatrac

Elena Baboni, delle edizioni Fatatrac, ci presenta Indovina l’avventura dell’orsetto e Orto in figure.

Buongiorno Elena, e grazie di aver accettato di parlarci di questi due nuovi titoli. Iniziamo dal primo, Indovina l’avventura dell’orsetto. Quali sono le caratteristiche principali di questo testo?

Questo libro ha la caratteristica di avere una lingua semplice e efficace, vicina al reale interesse dei più piccoli per l’intreccio degli argomenti scelti (fa parte della collana CùCù 3-6). Soprattutto rivela una narrazione avvincente che procede per mezzo di una successione di indovinelli: i piccoli a cui viene letto il libro sono coinvolti a partecipare al dipanarsi della storia, in più, indovinando, diventano protagonisti dello svolgersi dei fatti. La narrazione così concepita è supportata dalla struttura del libro: si tratta di un cartonato con “meccanismi” (finestrelle, semplici pop-up e altri piccoli movimenti cartotecnici) che servono per svelare, sorprendendo, particolari in risposta ai quesiti per scoprire dove sia scomparso l’orsetto della piccola protagonista: Sara, per riassumere la trama, compirà un viaggio che la porterà dalla sua stanzetta fino a una spiaggia in cui ritroverà il suo amico, che mai aveva visto il mare; il ritorno, nuovamente al caldo sotto le proprie coperte rassicuranti con l’orsetto, sarà l’epilogo di un viaggio a ritroso avventuroso quanto l’andata. E, sorpresa finale, all’ultima apertura il racconto si svela anche circolare, assecondando la necessità dei più piccoli di sentire ripetere la stessa storia più volte.
Claudia Palombi, artista eclettica, è un’attrice e una cultrice di enigmistica da qui la sua passione per i giochi di parole. Il suo sodalizio professionale con la bravissima Gloria Francella sempre ironica, divertente e divertita, ormai consolidato in un’amicizia speciale, dona una particolare armonia al progetto.

Perché avete scelto, come protagonista, proprio un orsetto?
L’orsetto è stato scelto in seconda battuta, dopo un’idea iniziale di Claudia che prevedeva protagonisti diversi. La cosa che ha convinto subito è stato il procedere per indovinelli e l’avventura ,come dicevo, ma qualcosa forse non funzionava nei protagonisti iniziali per l’età di riferimento dei fruitori che ci stavamo dando. L’introduzione dell’orsetto, del tema notturno e del sonno, è arrivata subito dopo, anche pensando all’esigenza di avere in catalogo un titolo che potesse diventare un “racconto della buona notte”. L’orsetto è poi facilmente ascrivibile a quella serie di oggetti transizionali che tutti abbiamo sperimentato nella nostra storia personale e che continuano a caratterizzare la crescita dei bambini, quindi un ottimo espediente emotivo per attirare l’attenzione dei nostri “lettori” più giovani.

Veniamo al secondo titolo, Orto in figure…
A dire il vero, nella nuova gestione Fatatrac, quella iniziata nel 2011 per intenderci, è il primo libro che parla di orto, al di là dei titoli di catalogo precedenti a quella data. Attenzione al tema dell’orto perché? Perché questo significa mettere al centro la natura, la sua bellezza, l’osservazione, la progettazione, il rispetto dei tempi dello sviluppo e delle stagionalità, tutti argomenti tra i basilari per una casa editrice che si rivolga all’infanzia.

Il tema difatti è assai interessante. Ma come lo affronta Orto in figure?
In questo kit lo affronta in una maniera assolutamente interessante e evidente che Mauro Bellei dichiara in maniera tanto semplice quanto efficace: crescere vedendo crescere e, io aggiungerei, divertendosi.
Non a caso ho detto kit, anziché volume, proprio perché il progetto tutto racchiuso in una scatola, è composto da un libro (il cui protagonista, lo Spaventapasseri amico dei passeri, ci conduce all’interno di un orto per svelarci gli aneddoti tipici, tra scienza e rivisitazione fantastica, dei suoi abitanti), da una serie di fustelle di frutta e ortaggi dell’orto (da comporre in immagini sempre nuove), una busta in cui conservare ordinatamente le fustelle una volta staccate e delle schede di cartone prefustellate per costruire lo Spaventapasseri amico dei passeri; ad esso si incastreranno cinque vaschette di plastica in cui si coltiveranno e si annaffieranno dei semi con un contagocce (vaschette, semi e contagocce sempre in dotazione nel kit).

Quali attività gli insegnanti potrebbero fare con questi testi?
Si tratta di due progetti editoriali diversissimi per contenuti e aspetto, suggerirei dei percorsi altrettanto diversi che abbiano però,
quale minimo comune denominatore, un certo gusto per la scoperta e il gioco.
In Indovina l’avventura dell’orsetto Palombi e Francella hanno un intento decisamente narrativo con espedienti linguistici e figurativi che conducono a sperimentare racconti con parole  e immagini, descrizioni di luoghi e ambienti con lirismo, libertà e avventura; potrebbe essere occasione per inventare storie a partire da un oggetto caro da portare a scuola, e di portare la rappresentazione a punti di vista inconsueti, dall’alto in volo, come spesso accade nelle illustrazioni di Gloria. Si potrebbero anche trarre degli spunti per costruire dei libri veri e propri, d’artista, in cui introdurre l’elemento delle finestre per svelare un particolare, per accompagnare un racconto e per “amplificare” un’immagine.

Orto in figure ha una valenza espressamente multidisciplinare e si rivolge a bambini di età diverse; è utile per lavorare sull’osservazione dell’orto, della natura: lo spaventapasseri, una volta montato, viene seminato e osservato nel quotidiano; questo può essere lo stimolo ad un progetto legato alla coltivazione e alla stagionalità di più ampio respiro a scuola: le competenze scientifiche acquisite empiricamente, il rispetto dei ritmi naturali, l’attenzione, la bellezza della natura diventano il centro.
In parallelo scorre l’intenzione di rappresentare sia per immagini che per parole (qui Bellei trova basi e ispirazione da un lato nella pittura dell’Arcimboldi, dall’altro nella lirica di Neruda pensando alle Odi elementari): aneddoti e raffigurazioni di frutta e verdura possono essere analizzate, reinventate e catalogate, poi assemblate, scomposte e ricomposte, così da creare fantasiose tassonomie sentimentali, personali o di classe.