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Biancaneve e i sette nani FATATRAC |
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Hansel e Gretel FATATRAC |
Per parlare di fiaba abbiamo voluto intervistare Milena Bernardi, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna. Milena è una specialista di Letteratura per l’infanzia e di Pedagogia della narrazione, studia la complessità della letteratura per l’infanzia e in particolare è una vera esperta di fiaba. Tra i suoi saggi ricordiamo: Infanzia e Fiaba (Bononia University Press 2007), Infanzia e metafore letterarie. Orfanezza e diversità nella circolarità dell’immaginario (Bononia University Press 2009), Il cassetto segreto. Letteratura per l’infanzia e romanzo di formazione (Unicopli 2011).
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Milena Bernardi |
Buongiorno Milena, una domanda per rompere il ghiaccio… Cos’è il Kinder-und Hausmarchen e perché se ne è ricordato l’uscita?
Che caratteristiche hanno le trascrizioni di fiabe dei fratelli Grimm rispetto a quelle di Perrault e di altre versioni precedenti?
Le differenze sono tante e significative. Di “stile”, se mi si concede l’uso di questo termine così specifico, complesso e spesso ambiguo, ovvero di quel certo clima linguistico-culturale che caratterizza la mitopoietica dei Grimm. La cultura germanica del romanticismo si distanzia dall’atmosfera della Francia regale di Perrault; le motivazioni culturali, politiche, morali e etiche dei Grimm, nascevano da spinte epocali ben differenti da quelle della corte e dei cortigiani (anche colti come Perrault) della Francia dei salotti. Le differenze quindi si situano a più livelli: di epoca storica e di motivazione a compilare le raccolte di fiabe; di cultura di provenienza; di finalità mondana e /o legata a scelte culturali ideali; di retroterra e formazione degli stessi adattatori-trascrittori; e, pertanto, queste tante diversità, ricadono sui testi, sulla scelte delle fiabe, sul linguaggio, sulle censure…sulla diffusione e sulla popolarità delle rispettive raccolte.
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Kinder-und Hausmarchen dei fratelli Grimm |
La fiaba oggi è considerata un genere rivolto all’infanzia, è sempre stato così?
No, la fiaba nasce dall’humus del “popolo” ed è una narrazione rivolta a tutti senza distinzione di età e, in molti contesti, nemmeno di ceto. La fiaba ha una appartenenza ancestrale, primordiale e si annovera nella tradizione epica che avvolge e nutre tutti. Arriverà all’infanzia con le mutazioni della cultura letteraria e pedagogica del ‘700, in un certo senso lasciata in eredità all’infanzia dal mondo adulto (popolo e infanzia abitano territori emarginati dalla cultura egemone e dominante) come un patrimonio “primitivo” ma, nel contempo, da conservare gelosamente.
Chi erano un tempo i narratori di fiabe e in che occasioni venivano raccontate?
A questa grande domanda bisogna rispondere risvegliando la voce dei narratori orali. Coloro che sbarcavano il lunario narrando fiabe, storie, leggende, riportando fatti ed eventi, mescolando nel flusso continuo della comunicazione orale i continui rimandi che mettevano in contatto realtà, immaginazione, creazione di fantasie e, quindi, storie. Storie che, anche nella forma della fiaba orale stringata, veloce, proverbiale, persino rimata, intervallata da filastrocche e raccontata con formule fedeli ai dialetti, agli idiomi specifici delle contrade, dei paesi, fino ai casolari più isolati, arrivavano così a tutti. I narratori orali vivevano di pochissimo e solitamente erano gli ultimi della società. Uomini ma, in certe zone dell’Europa orientale, anche donne, non sono da immaginarsi soltanto come le figure dei saggi anziani capostipiti familiari di ampie famiglie contadine, no, non solo loro, bensì, anche poveracci, attori di strada, raccontatori di fiabe che campavano da “senzatetto” e percepivano il magro e frugale compenso di un tetto per la notte o un piatto di zuppa. Narratori orali e fiabe: personaggi e storie di zone marginali.
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Italo Calvino |
Quale ingrediente misterioso è nascosto nelle fiabe? Perché vengono lette e rilette a distanza di secoli?
Ben più di un ingrediente. Mario Lavagetto scrive che la fiaba è un mezzo magico in sé. Poiché crea la cornice di stacco, d’evasione necessaria a volar via con il pensiero e prendersi una pausa “magica” che, da parte mia, mi piace chiamare quasi un viaggio minimale ma improvviso verso l’altrove di tutti i possibili. La fiaba è una storia che raccoglie i destini umani, – Calvino – e in tal modo poi consente un risarcimento, un certo dispositivo di liberazione dal giogo del destino avverso si mette in moto quando l’eroe trionfa. Ma non solo. La fiaba è parente stretta del sogno, dell’onirico, del pensiero che anela di nutrirsi all’illusione per sopportare le ripetute delusioni proveniente dalla realtà. Dunque è una matrice feconda di tutte le storie e illude deludendo, ossia allena a sopportare la vita. Perché delude? Perché poi c’è un finale, che sia lieto o no, è una fine. E da lì si ricomincia. Può sempre ricominciare. Proponendo di nuovo la trama propiziatoria e spaventosa di un rito di iniziazione trasposto in racconto. Perché questo sono la fiabe. Viaggi primordiali nel mondo dell’aldilà…ma questa è un’altra storia…
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Milena Bernardi Infanzia e Fiaba Bononia University Press |
Cos’è esattamente “l’altrove” di cui lei parla nel suo Infanzia e Fiaba?
Chi scrive o racconta fiabe ai nostri giorni? Ne esistono di nuove?
Questa è una domanda cui cerco di rispondere molto succintamente. La narrazione orale di fiabe ha subito nel tempo numerose forme di attacco e rifiuto. Me ne sono a lungo occupata in una ricerca che testimonia come l’atto del narrare non sia più abituale. Dobbiamo dunque capire bene cosa si intende per “fiaba”, per “narrare”, e per “scrivere fiabe”. Quest’ultima è una faccenda enigmatica. A mio parere è rarissimo incontrare una storia che sia una fiaba al di fuori della grande tradizione della fiaba popolare e della fiaba letteraria classica. Ma ci sono le eccezioni…penso ad alcuni novelle di Calvino, ad esempio… Suggerirei di non banalizzare mai la definizione di FIABA attribuendola a storie che non contengono affatto i carisma e la potenza metaforica e narrativa di una fiaba. Suggerirei di non fare di ogni erba un fascio, chiamando fiabe tante piccole storie che di fiabesco, nel senso della complessità del genere, non possiedono nulla.
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Cenerentola FATATRAC |
Qual è la fiaba più diffusa nel mondo? Perché secondo lei?
Si può supporre che sia Cenerentola. Seguita da Cappuccetto Rosso. I perché sono innumerevoli. Per ragioni legate ai sistemi di diffusione. Per i temi ancestrali che trattano, per le riscritture e le mutazioni…solo un esempio: Cenerentola è composta da tante versioni nel mondo che contarle tutte richiede moltissimo tempo…ma, è, in linea di principio una fiaba funeraria che rimanda a riti antichi – la cenere, le cremazioni, il fuoco…- e, poi, è una fiaba che racconta di una fanciulla avvicinabile alle grande donne fatate di cui parla Carlo Ginzburg in “Storia Notturna”, e, come si vede, è una storia complessa, che affonda le proprie radici nelle viscere della terra e delle domande iniziali e finali degli umani… da qui in poi potremmo proseguire a lungo…
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I tre fratelli di Il Gatto con gli stivali FATATRAC |
Perché in tante fiabe è sempre l’ultimo dei tre figli quello che riesce là dove falliscono i primi due?
Forse perché l’ultimo dei figli è il più piccolo? E i più piccoli, solitamente i bambini, sono i più svantaggiati e bistrattati? E nella fiaba si va a risarcire gli ultimi? E si pensa che le fiabe siano soventi trasposizioni del punto di vista infantile e quindi di chi è più svantaggiato, piccolo, indifeso, vulnerabile…
Quando e come ha cominciato a interessarsi al mondo della fiaba?
Ma, si perde nella notte dei tempi. Direi che avevo in mente fiabe fin dall’infanzia ma, dal punto di vista dello studio e della narrazione di fiabe, potrei collocare l’avvio delle mie ricerche negli anni dell’Università, quando l’incontro con il prof. Faeti ha segnato definitivamente le mie direzioni di studio.
Se dovesse vivere in una fiaba in quale vorrebbe esistere e nei panni di quale personaggio?