Prima di tutto, però, Janna, bisognerebbe presentarti, se non fosse che la cosa parrebbe ormai scontata e, al di là di una descrizione del tuo percorso ricco di grande lavoro e di tanti (giusti, N. d. R.) successi, per ovvi motivi io ti voglio presentare come l’autrice di un libro speciale: L’alfabeto dei sentimenti, attualmente alla sua quarta ristampa nel giro di un anno. Per il resto, il tuo sito fa fede a tutto il tuo lavoro variegato e costante di scrittrice di libri per ragazzi, autrice televisiva e sceneggiatrice.
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Sonia Possentini e Janna Carioli |
Torniamo alla poetessa. Dunque, pensando a L’ALFABETO DEI SENTIMENTI, è stupefacente come si sia sperimentato che è possibile vendere anche la poesia! Come ti spieghi il successo di questo libro?
Il successo in un albo illustrato va diviso equamente fra autore dei testi e illustratore (in questo caso illustratrice). Sonia Maria Luce Possentini ha regalato a questo libro la potenza delle sue immagini. Fra me e lei si è verificata una bellissima alchimia. A volte ero io che seguivo con la poesia una sua immagine, altre volte era lei che “incorniciava” perfettamente un testo amalgamandosi perfettamente con il significato.
È un libro fatto con amore, è partito correndo ed è finito volando.
E ora, con IL CAMMINO DEI DIRITTI, ancora dei testi poetici. Come racconteresti l’esperienza fatta nel confrontarti con la stesura di argomenti così precisi, forti, complessi?
È stata una vera sfida. Mi sono chiesta: “Sarò capace di tradurre in immagini poetiche dei fatti legati a tappe così concrete, ma nello stesso tempo ideali, come sono i diritti?” Ho deciso di mettermi alla prova.
È stato forse uno degli impegni più complessi che hai affrontato nell’ambito della letteratura per ragazzi?
Sinceramente sì.
Cosa ti ha fatto accettare con entusiasmo questo progetto, nonostante tu stessi programmando un periodo di riposo dalla scrittura per l’editoria?
È stato l’obiettivo di questa avventura: arrivare al cuore dei bambini raccontando in modo semplice concetti complessi e importanti come i diritti
fondamentali dell’uomo.
Il concetto più complesso da interpretare in versi? E perché?
Ce n’è stato più di uno. Parlare della
tortura, per esempio, trovando una metafora che potesse essere capita da un bambino, senza essere truculenta. Ma anche raccontare del matrimonio fra persone dello stesso sesso in modo comprensibile e delicato. O, ancora, trovare l’immagine giusta per parlare di olocausto…
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Testi e immagine che ricordano la Convenzione contro la tortura |
La poesia che, fin da subito, hai sentito di poter scrivere senza problemi?
Quella di Rosa Parks, forse perché dentro di me ho sempre cercato il coraggio di ribellarmi all’ingiustizia. A volte l’ho trovato, altre volte no, ma è un sentimento che ho sempre provato.
Se ti chiedessi poesia o narrazione? Quel sarebbe la prima cosa che sceglieresti?
Non è possibile fare una scelta. Quando le storie si presentano alla mente hanno già deciso con quale forma vogliono essere raccontate. A volta è il distillato di una poesia, altre volte è un racconto che non può fare a meno delle immagini e allora diventa un albo illustrato. Altre volte ancora è una storia che di parole ne richiede tante e non può essere raccontata se non attraverso un romanzo. Non è una scelta, è una necessità narrativa.
Che importanza ha il tuo passato infarcito di esperienze musicali nel tuo lavoro?
La poesia è parente stretta della
canzone. Non può prescindere dal ritmo, dalla musicalità del verso. Io le poesie me le canto dentro prima di scriverle.
Che importanza ha l’ascolto nella tua vita di scrittrice?
A me piace più ascoltare che parlare. E siccome a tanta gente piace molto più parlare che ascoltare… mi trovo dalla parte giusta. Ascoltare per uno scrittore è essenziale. È ascoltando che si conoscono storie nuove, persone, sentimenti. Io non sento l’esigenza di fare a gara nel parlare, anche perché spesso il mio “parlare” è la scrittura e sto bene quando mi esprimo così.
Quali sono, se ci sono, i tuoi grandi guru letterari? Perché?
Non credo di averne. Dei “vecchi” mi piace Dickens perché racconta con le immagini e con una ricchezza descrittiva
incredibile. Dei contemporanei mi piace Erri De Luca perché
distilla le parole e in un certo senso è l’opposto di Dickens. In bagno tengo la raccolta di poesie di Wisława Szymborska che non mi stanco mai di leggere. Apro a caso una sua pagina e sempre
mi incanta. Semplicemente, quando “scopro” un autore che mi piace, cerco tutto quello che ha scritto e lo seguo nella sua evoluzione. Non sono una snob nelle letture. Mi piace leggere di tutto.
La storia che avresti tanto voluto scrivere tu, ma che ahimè non è uscita dalla tua penna?
Troppe ce ne sarebbero!
C’è un libro che ti capita di regalare più spesso di altri? Perché?
Gli ultimi che ho regalato con insistenza sono stati “Il ragazzo che leggeva Verne” di Almudena Grandes perché nel suo romanzo c’è l’evoluzione di una bella coscienza civile e “La cotogna di Istambul” di Paolo Rumiz, perché è una musicale ed emozionante dichiarazione d’amore.
Il primo libro che la bimba Janna ha letto è…
I Miserabili! Cominciai a leggerlo quando avevo sei anni. Non fu una scelta. Fu solo perché a casa di mia nonna, dove trascorrevo buona parte delle vacanze estive, c’era solo quel libro e a sei anni, per me leggere era già una necessità. Così, seguendo una illustrazione, lessi di quando Jean Valjean andò a prendere Cosetta dai Thénardier…
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